lunedì 8 ottobre 2007

_il buon combattimento_

“Ho combattuto il buon combattimento e ho mantenuto la fede”, dice Paolo in una delle sue epistole. E sarebbe bene ricordare questo tema, quando un nuovo anno si prospetta davanti a noi. L’uomo non può mai smettere di sognare. Il sogno è l’alimento dell’anima come il cibo è l’alimento del corpo. Tante volte, nella nostra esistenza, vediamo i nostri sogni infranti e i nostri desideri frustrati, ma bisogna continuare a sognare, altrimenti la nostra anima muore e Agape non vi penetra. Agape è l’amore universale, quell’amore che è più grande e più importante del semplice “piacere” a qualcuno. Nel suo famoso discorso sui sogni, Martin Luther King ricorda il fatto che Gesù ci chiese di amare i nostri nemici, e non che essi ci piacessero. Questo amore più grande è quello che ci dà l’impulso per continuare a lottare malgrado tutto, per mantenere la fede e la gioia, e combattere il Buon Combattimento.
Il Buon Combattimento è quello intrapreso perché lo chiede il nostro cuore. In epoche eroiche, quando gli apostoli giravano nel mondo predicando il vangelo, o al tempo dei cavalieri erranti, questo era più facile: c’erano molte terre da attraversare e tante cose da fare. Al giorno d’oggi, però, il mondo è cambiato, e il Buon Combattimento è stato trasportato dai campi di battaglia all’interno di noi stessi. Il Buon Combattimento è quello intrapreso in nome dei nostri sogni. Quando essi esplodono in noi con tutto il loro vigore – nella gioventù – noi abbiamo molto coraggio, ma non abbiamo ancora appreso a lottare. Dopo tanti sforzi, finiamo per apprendere a lottare, ma a quel punto non abbiamo più lo stesso coraggio per combattere. Perciò, ci rivolgiamo contro di noi e combattiamo noi stessi, finendo così per essere il nostro peggior nemico. Diciamo che i nostri sogni erano infantili, difficili da realizzare, o frutto della nostra ignoranza delle realtà della vita. Uccidiamo i nostri sogni perché abbiamo paura di intraprendere il Buon Combattimento.

*Il primo sintomo che stiamo uccidendo i nostri sogni è la mancanza di tempo. Le persone più occupate che ho conosciuto in vita mia avevano sempre tempo per tutto. Quelle che non facevano nulla erano sempre stanche, non tenevano dietro a quel poco di lavoro che dovevano fare e si lamentavano continuamente che il giorno era troppo corto. In realtà, esse avevano paura di intraprendere il Buon Combattimento.

*Il secondo sintomo della morte dei nostri sogni sono le nostre certezze. Poiché non vogliamo guardare alla vita come ad una grande avventura da vivere, finiamo per giudicarci saggi, giusti e corretti in quel poco che chiediamo all’esistenza. Guardiamo al di là delle mura del nostro quotidiano e udiamo il rumore di lance che si spezzano, l’odore di sudore e polvere, i grandi crolli e gli sguardi assetati di conquista dei guerrieri. Ma non avvertiamo mai la gioia, la Gioia immensa che c’è nel cuore di coloro che stanno lottando, giacché per questi ultimi non è importante la vittoria o la sconfitta, ciò che importa è solo intraprendere il Buon Combattimento.

*Infine, il terzo sintomo della morte dei nostri sogni è la Pace. La vita diviene un pomeriggio domenicale, che non ci chiede grandi cose e non esige nulla di più di quanto noi possiamo dare. Riteniamo allora di essere “maturi”, di avere messo da parte le “fantasie dell’infanzia”, e raggiungiamo la nostra realizzazione personale e professionale. E siamo stupiti quando qualcuno della nostra età dice di volere ancora questo o quello dalla vita. Ma, nell’intimo del nostro cuore, sappiamo che ciò che è accaduto è che abbiamo rinunciato a lottare per i nostri sogni, a combattere il Buon Combattimento. Quando rinunciamo ai nostri sogni e troviamo la pace, abbiamo un periodo di tranquillità. Ma i sogni morti cominciano a marcire dentro di noi e ad infestare tutto l’ambiente in cui viviamo. Noi cominciamo a diventare crudeli verso coloro che ci circondano, e infine passiamo a rivolgere questa crudeltà contro noi stessi. Compaiono le malattie e le psicosi. Ciò che volevamo evitare nel combattimento – la delusione e la sconfitta – diviene l’unico legato della nostra vigliaccheria. E un bel giorno, i sogni morti e ormai marciti rendono l’aria difficile da respirare e noi cominciamo a desiderare la morte, la morte che ci liberi dalle nostre certezze, dalle nostre occupazioni, e da quella terribile pace dei pomeriggi domenicali.

Per evitare tutto ciò, dunque, dobbiamo affrontare la vita con la riverenza del mistero e la gioia dell’avventura.

Paulo Coelho

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