giovedì 19 febbraio 2009

_la seconda chance_

Le Sibille, capaci di prevedere il futuro, vivevano nell’antica Roma. Un bel giorno, una di esse si presentò al palazzo dell’imperatore Tiberio con nove libri: disse che contenevano il futuro dell’Impero e chiese dieci talenti d’oro per i testi. Tiberio li trovò carissimi e non volle comprarli.

La sibilla se ne andò, bruciò tre libri e tornò con i sei rimanenti. "Sono dieci talenti d’oro", disse. Tiberio rise e la mandò via: come aveva il coraggio di vendere sei libri per lo stesso prezzo di nove?

La sibilla bruciò altri tre libri e tornò da Tiberio con gli unici tre volumi rimasti: “costano gli stessi dieci talenti d’oro”. Incuriosito, Tiberò finì per comprare i tre volumi, e poté leggere soltanto una piccola parte del futuro.

Stavo raccontando questa storia a Monica, mia agente e amica, mentre viaggiavamo in auto diretti in Portogallo. Quando ebbi terminato, mi resi conto che stavamo passando per Ciudad Rodrigo, alla frontiera con la Spagna. Proprio lì, quattro anni prima, mi era stato offerto un libro, che però non avevo comprato.

In occasione del primo viaggio di divulgazione dei miei libri in Europa, avevo deciso di pranzare in quella cittadina. Poi ero andato a visitare la cattedrale, dove avevo incontrato un prete. "Guardi come il sole del pomeriggio rende tutto più bello qui den tro", mi aveva detto. Quel commento mi era piaciuto, ci eravamo messi a chiacchierare e lui mi aveva guidato tra gli altari, i chiostri, i giardini interni di quel tempio. Alla fine, mi aveva offerto un libro che aveva scritto sulla chiesa: ma io non avevo voluto comprarlo. Una volta uscito, mi ero sentito in colpa: io sono uno scrittore, e mi trovavo in Europa proprio per vendere il mio lavoro – perchè allora non comprare il libro del prete, per solidarietà? Ma avevo dimenticato quell’episodio, fino a quel momento.

Fermai l’auto: non era un caso che mi fossi ricordato di quella storia dei libri sibillini. Ci avviammo verso la piazza di fronte alla chiesa, dove una donna guardava il cielo.

- Buon pomeriggio. Sono qui per trovare un prete che ha scritto un libro su questa chiesa.

- Il prete, che si chiamava Stanislau, è morto un anno fa – rispose lei.

Provai una tristezza immensa. Perché non avevo dato a padre Stanislau la stessa gioia che provavo io quando vedevo qualcuno con uno dei miei libri?

- E’ stato uno degli uomini più buoni che abbia mai conosciuto – continuò la donna. – Veniva da una famiglia umile, ma era riuscito a diventare uno specialista in archeologia. Aveva anche fatto avere a mio figlio una borsa di studio.

Le raccontai allora cosa facevo lì.

- Non deve sentirsi in colpa, figliolo – disse lei. – Vada a visitare di nuovo la cattedrale.

Pensai che fosse un segnale e feci ciò che la donna suggeriva. C’era soltanto un prete nel confessionale, che aspettava i fedeli che non arrivavano. Mi chiese di inginocchiarmi, ma gli spiegai che ero lì solo per comprare un libro sulla chiesa, scritto da un uomo di nome Stanislau.

Gli occhi del prete brillarono. Lui uscì dal confessionale e tornò qualche minuto dopo con un esemplare.

- Che gioia che lei sia venuto solo per questo! - disse. – Io sono fratello di padre Stanislau, e questo mi riempie di orgoglio! Lui sarà in cielo, felice di vedere che il suo lavoro è importante!

Pagai il libro, ringraziai, e lui mi abbracciò. Quando stavo ormai per uscire, udii la sua voce.

- Guardi come il sole del pomeriggio rende tutto più bello qui dentro! - disse.

Erano le stesse parole che padre Stanislau mi aveva detto quattro anni prima. C’è sempre una seconda occasione nella vita.

Paulo Coelho

martedì 21 ottobre 2008

_lei_

la donna più bella della storia

Da Berlino_Dresda_Praga

mercoledì 1 ottobre 2008

...da sempre e per sempre...

"T'amo senza sapere come, ne' quando ne' da dove,
t'amo direttamente senza problemi ne' orgoglio:
cosi' ti amo perche' non so amare altrimenti
che cosi', in questo modo in cui non sono e non sei,
cosi' vicino che la tua mano sul mio petto e' mia,
cosi' vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno."
Pablo Neruda

venerdì 23 maggio 2008

_sonetti_

Devo paragonarti a un giorno d'estate?
Tu sei più amabile e moderato:
venti impetuosi scuotono gli incantevoli boccioli di maggio
e il corso dell'estate ha durata troppo breve;
talvolta l'occhio del cielo splende troppo intensamente,
e spesso il suo volto aureo viene oscurato;
e ogni bellezza dalla bellezza talora declina,
sciupata dal caso o dal mutevole corso della natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà appassire,
né perdere la bellezza che ti appartiene;
né la morte dovrà vantarsi del tuo vagare nella sua ombra,
poiché crescerai, col passare del tempo, in versi eterni.
Finché ci saranno un respiro e occhi per vedere,
questi versi vivranno e ti manterranno in vita.

Coloro che hanno le stelle favorevoli
si vantino pure di pubblici onori e di magnifici titoli,
mentre io, cui la fortuna nega un simile trionfo,
gioisco, non visto, di ciò che più onoro.
I favoriti dei grandi principi schiudono i loro bei petali
come la calendula sotto l'occhio del sole,
e in loro stessi il loro orgoglio giace sepolto,
poiché, a un cipiglio, essi nella loro gloria muoiono.
Il provato guerriero, famoso per le sue gesta,
sconfitto che sia una volta pur dopo mille vittorie,
è radiato per sempre dal libro dell'onore,
e dimenticato è tutto ciò per cui si era impegnato.
Allora felice io, che amo e sono riamato
da chi non posso lasciare, né essere lasciato.
Il mio occhio si è fatto pittore e ha fissato
i tratti della tua bellezza nel quadro del mio cuore.
Il mio corpo è la cornice in cui essa è racchiusa,
e , in prospettiva, è la migliore arte del pittore:
poiché attraverso il pittore devi vedere la sua abilità,
per scoprire dove giace la tua vera immagine dipinta,
che sempre è appesa nella fucina del mio petto,
le cui finestre sono i tuoi occhi.
Ora vedi quali buoni servizi hanno reso gli occhi agli occhi:
i miei occhi hanno disegnato la tua figura, e i tuoi per me
sono finestre sul mio petto, attraverso cui il sole
si diletta a sbirciare per ammirarti.
Ma gli occhi sono privi della capacità di dare grazia
alla loro arte:
essi ritraggono solo ciò che vedono, sono ignari
del cuore.
Shakespeare

giovedì 22 maggio 2008

_buon compleanno_

XLVIII sonetto
Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.
Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
E' la felicità una torre trasparente.
L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.
Pablo Neruda